Con ogni mezzo non violento Ken Saro-Wiwa: con la forza delle parole, della letteratura, della socialità, della buona politica, dell’amministrazione etica e trasparente, del coinvolgimento popolare, della sensibilità, del “coraggio civile”. In una battaglia in cui rispetto della dignità umana e tutela ambientale sono sempre stati aspetti indivisibili, propedeutici l’uno all’altro.

Il Poeta è stato ucciso dalla sete capitalistica della Shell contro il popolo Ogoni in Nigeria.

Lo scorso 26 maggio la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja ha condannato la Royal Dutch Shell (la compagnia petrolifera nota come “Shell”) a ridurre del 45% le sue emissioni di CO2 entro il 2030, nel rispetto degli Accordi di Parigi sul clima del 2015.

Per la prima volta un giudice impone a una delle multinazionali più inquinanti del pianeta di rispettare la Convenzione sui cambiamenti climatici. La sola Shell infatti è attualmente responsabile di circa il 3% del totale delle emissioni mondiali di biossido di carbonio (1,6 miliardi di tonnellate all’anno, per capire la portata: l’Italia ne ha emesse 355milioni nel 2017).

Dal 2015, insieme a una manciata di altre grandi e super-inquinanti compagnie petrolifere e di gas, la Shell ha contribuito ha spendere 200 milioni di dollari all’anno in attività di lobbying per ritardare e minare le disposizioni dell’accordo di Parigi.Presto detto perché è considerata una sentenza storica: è un precedente che potrà avere conseguenze (positive) sull’attività (fameliche) delle imprese private a maggior impatto ambientale e climatico, che a questo punto rischiano di dover rispondere in tribunale dell’inerzia nel rispetto del trattato internazionale per rallentare la crisi climatica. Uno dei punti chiave della sentenza di condanna parla di una minaccia di “violazione dei diritti umani”, del “diritto alla vita” e della “vita familiare indisturbata”.

Niente di più vicino a quanto per anni ha denunciato con ogni mezzo non violento Ken Saro-Wiwa: con la forza delle parole, della letteratura, della socialità, della buona politica, dell’amministrazione etica e trasparente, del coinvolgimento popolare, della sensibilità, del “coraggio civile”. In una battaglia in cui rispetto della dignità umana e tutela ambientale sono sempre stati aspetti indivisibili, propedeutici l’uno all’altro.

Saro-Wiwa era prima di tutto un intellettuale. Così come Patrice Lumumba, Thomas Sankara, Fela Kuti – tra gli altri – è stato uno dei più importanti attivisti dell’era postcoloniale africana. Insegnante universitario di lingua inglese, giornalista, scrittore, poeta, autore televisivo e radiofonico, editore e imprenditore, ambientalista, amministratore locale, persino ministro dell’Istruzione. Fu un personaggio popolarissimo in Nigeria.

Per anni ha condotto lotte tenaci ma sempre pacifiche contro lo sfruttamento delle risorse petrolifere nel Delta del Niger da parte di multinazionali come Shell, contro la devastazione ambientale e sociale, la corruzione politica, per la tutela dei diritti della minoranza Ogoni, il popolo che abita quelle terre, e di cui lui stesso faceva parte. Fu tra i primi membri del MOSOP, il Movimento per la Sopravvivenza del Popolo Ogoni.

La storia dell’attività della Shell in Nigeria è l’archetipo del neocolonialismo occidentale (e asiatico) in Africa: sfruttamento delle risorse, violazione dei diritti umani, destabilizzazione e impoverimento sociale. Il tutto con l’avallo di regimi militari e sistemi politici facilmente corruttibili, spesso ben disponibili a fare da maggiordomi alle grandi abbuffate delle multinazionali.

Un aspetto, quello della corruzione e dell’opportunismo, che interessa anche ai livelli più bassi e locali dell’amministrazione politica, e che emerge con amara evidenza anche in “Sozaboy”, il romanzo pubblicato nel 1985 che ha reso popolare nel mondo occidentale la figura del bambino-soldato dentro la follia della guerra civile nigeriana (o “guerra del Biafra”) tra il 1967 e il 1970.

“Sozaboy, a novel in rotten English” è il titolo completo. Suggerisce uno degli aspetti più caratteristici del romanzo: la lingua con cui è scritto, un “pessimo inglese”, che è poi il pidgin (versione semplificata e sgrammaticata dell’inglese) di un giovane nigeriano, Mene – Sozaboy, da “soldier-boy” – che allo scoppio della guerra si fa sedurre dal fascino delle marce e delle armi e si arruola nell’esercito convinto sia l’unico modo di guadagnare rispettabilità agli occhi della ragazza che ha sposato e della comunità del suo villaggio.

Naturalmente, niente di buono può scaturire dalla guerra. Certo lui questo non lo sa, ma è proprio lo sguardo prima ingenuo e poi disincantato di un ragazzino a far brillare tutte le contraddizioni del conflitto civile, di un nemico che diventa amico e viceversa, ad aprire l‘abisso tra aspettative e realtà. È un percorso di formazione spietato, il suo, che tuttavia non riesce a scalfirne l’umanità.

In “Sozaboy” la semplicità scava in profondità con le parole scarne e storte di una gioventù interrotta. C’è una questione privata dentro una vicenda storica che rimane tra le righe. C’è un ragazzino che affronta l’orrore e il cinismo di una popolazione in guerra con sé stessa. Lui corre, corre e insegue senza tregua un equilibrio da ripristinare. Un equilibrio che ha i contorni di casa, il sapore dell’igname e del vino di palma, la forma morbida e rotonda del seno della fidanzata, l’indulgenza di una madre.

Saro-Wiwa viene giustiziato per impiccagione il 10 novembre 1995, mentre tutto il paese festeggia la nazionale di calcio alla prima esibizione in patria dopo i mondiali di calcio. Insieme a lui altri otto attivisti. L’accusa, totalmente strumentale, è di essere complici dell’uccisione di quattro capi di un gruppo scissionista del MOSOP. Il processo è una farsa, emergerà che alcuni testimoni d’accusa furono pagati dal governo nigeriano e corteggiati dalla Shell per sostenere le accuse contro Saro-Wiwa e gli altri otto attivisti. La Royal Dutch Shell è stata perseguita penalmente per l’esecuzione degli attivisti ogoni. Ha patteggiato, pagando 15 milioni di dollari per non comparire a processo.

Kenule Beeson Saro-Wiwa, detto Ken (Bori, 10 ottobre1941 – Port Harcourt, 10 novembre 1995), è stato uno scrittore, poeta e attivista nigeriano. È stato uno degli intellettuali più significativi dell'Africa postcoloniale.

Scrittore eclettico, esordisce come drammaturgo durante il periodo universitario, per dedicarsi poi alla narrativa, con Forest of Flowers (la sua prima opera pubblicata in Italia con il titolo Foresta di fiori, 2004, Edizioni Socrates) e Sozaboy, 1985, ed alla televisione; il segno di questa produzione letteraria e televisiva può essere trovato nel felice equilibrio tra il tentativo di dare una forma "accademica" a un inglese raramente considerato degno di indagine (il cosiddetto Pidgin) e l'intrattenimento popolare.

Al lavoro artistico Saro-Wiwa affianca subito un impegno nella vita pubblica che lo vede ricoprire dapprima ruoli istituzionali negli anni settanta (nell'autorità portuale e nella pubblica istruzione del Rivers State) per poi porsi in aperto contrasto con le stesse autorità statali e con il governo federale della Nigeria.

Fin dagli anni ottanta infatti Saro-Wiwa si fa portavoce delle rivendicazioni delle popolazioni del Delta del Niger, specialmente della propria etnia Ogoni maggioritaria nella regione, nei confronti delle multinazionali responsabili di continue perdite di petrolio che danneggiano le colture di sussistenza e l'ecosistema della zona.

Nel 1990 si fa promotore del Movimento per la Sopravvivenza del Popolo Ogoni (Movement for the Survival of the Ogoni People); il movimento, caratterizzato da metodi non violenti, ottiene risonanza internazionale con una manifestazione di 300.000 persone che Saro-Wiwa guida al suo rilascio da una detenzione di alcuni mesi comminata senza processo.

Arrestato una seconda e una terza volta nel maggio del 1994, con l'accusa di aver incitato all'omicidio di alcuni presunti oppositori del MOSOP, Ken Saro-Wiwa viene impiccato con altri 8 attivisti del MOSOP frettolosamente prima della scadenza di eventuali ricorsi alla condanna, al termine di un processo che ha suscitato vive proteste da parte dell'opinione pubblica internazionale e delle organizzazioni per i diritti umani. Prima che venisse impiccato, Saro-Wiwa disse «Il Signore accolga la mia anima, ma la lotta continua». Nell'aprile del 1995, mentre è in carcere in attesa del processo, gli viene conferito il premio Goldman Environmental Prize, in riconoscimento della sua attività in favore dell'ambiente.

Nel 1996 Jenny Green, avvocato del Center for Constitutional Rights di New York avviò una causa contro la Shell per dimostrare il coinvolgimento della multinazionale petrolifera nell'esecuzione di Saro-Wiwa. Il processo ha poi avuto inizio nel maggio 2009, e la Shell ha subito patteggiato accettando di pagare un risarcimento di 15 milioni e mezzo di dollari (11,1 milioni di euro). La Shell ha però precisato che ha accettato di pagare il risarcimento non perché colpevole del fatto ma per aiutare il "processo di riconciliazione".

Secondo gli ambientalisti, invece, documenti confidenziali della Shell dimostrerebbero il coinvolgimento della compagnia petrolifera nelle violazioni dei diritti umani in Nigeria. Nel commentare il risarcimento, il figlio dello scrittore Ken Saro-Wiwa Jr. (Ken Wiwa), al tempo assistente speciale del Presidente della Nigeria per gli Affari Internazionali, la Pace, la Risoluzione dei Conflitti e le Riconciliazioni, dichiarò: «Penso che mio padre sarebbe felice di questo risultato», aggiungendo poi che «il fatto che la Shell sia stata costretta a patteggiare, per noi è una chiara vittoria».