Il termine λογικός (loghikòs) compare in tutta la storia della filosofia antica precedente e successiva alla dottrina aristotelica (da Eraclito a Zenone di Elea, dai sofisti a Platone) con il significato generico di "ciò che concerne il λόγος" (logos), nel senso molteplice di "ragione", "discorso", "legge" ecc. che ha questa parola in greco.

Alla logica aristotelica fu attribuito anche il termine di "Organon" («strumento») che si ritrova invece per la prima volta in Andronico di Rodi (I secolo a.C.) e ripreso da Alessandro di Afrodisia (II-III secolo d.C.) che lo riferì agli scritti aristotelici che hanno come tema l'Analitica che è il termine che usa propriamente Aristotele per indicare la risoluzione ("analisi" dal greco ἀνάλυσις - analysis- derivato di ἀναλύω - analyo - che vuol dire "scomporre, risolvere nei suoi elementi") del ragionamento nei suoi elementi costitutivi.

Dopo Aristotele nella scuola stoica i termini ἡ λογική (τέχνη) (e loghiké tékne), τὰ λογικά (tà loghikà) assumono il significato tecnico di «teoria del giudizio e della conoscenza» intendendo non solo la gnoseologia ma anche la struttura formale del pensiero. Ed è con questo ultimo valore di organizzazione scientifica delle leggi che assicurano non la verità, ma la correttezza del pensiero, che Aristotele si dedicò all'elaborazione della logica, termine da lui ancora non utilizzato.

Ne discutiamo con il prof. Mario Manzi da Nola, amico e sostenitorie di Vault Lab e Libere Comunità.