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Filippo Tommaso Marinetti nacque ad Alessandria d' Egitto il 22 dicembre 1876. Trascorse l' infanzia nella città natale. Studiò e visse per molti anni a Parigi, dove venne a contatto con un ambiente intellettivo innovativo, nel 1902 venne pubblicato il suo primo libro in versi "La conquete des étoiles"; nel quale sono già presenti i versi sciolti. Nel 1905 fondò la rivista Poesia attraverso la quale cerca di affermare il verso libero. Il 20 febbraio del 1909 pubblica su " Le Figarò" il Manifesto del Futurismo, con il quale nasce questo movimento. Il futurismo è un movimento artistico e culturale che sorge in Italia nei primi anni del Novecento.

È caratterizzato dal rifiuto dei valori tradizionali del passato ed è basato sulla fede nel futuro e nel progresso. Gli artisti di questo movimento esaltano gli ideali della velocità, del dinamismo, della violenza e della guerra intesa come "unica igiene del mondo". I poeti futuristi per esprimersi usano il linguaggio caratterizzato dalle "parole in libertà", cioè che rifiuta le regole sintattiche e grammaticali a favore di una libera associazione delle parole. Il fondatore di questo movimento è Filippo Tommaso Marinetti, autore del Manifesto Futurista e del Manifesto della letterature futurista. Altri artisti importanti sono: Aldo Palazzeschi e Corrado Govoni nella letteratura e Giacomo balla e Carlo Carrà nell' arte

Allo scoppio della Prima guerra mondiale i futuristi furono originariamente anarchici ,interventisti accesi. La frangia anarchica italiana negli anni seguenti aderì al primo fascismo rivoluzionario , difatti il san sepolcrismo è una formazione sincretica tra nazionalismo, anarchismo ,irredentismo, sindacalismo rivoluzionario e socialismo, . Nel 1929 venne insignito della carica di letterato d'Italia. Nel 1935 si recò volontario in Africa orientale; di ritorno nel 1936 cominciò una lunga serie di studi e sperimentazioni sulle parole in libertà. A luglio del 1942 ripartì per il fronte, stavolta nella campagna di Russia. Il suo stato di salute all'arrivo del rigido autunno si aggravò ulteriormente e venne rimpatriato. Nel 1943, dopo la destituzione di Mussolini, si trasferì a Venezia. Morì a Bellagio, in provincia di Como, nel 1944.

Tra le sue opere più importanti ricordiamo il romanzo gl'Indomabili, Mafarka il futurista e Zang Tumb Tumb.

Il 20 febbraio 1909, Marinetti, fingendosi innamorato della figlia di un ricco egiziano comproprietario del quotidiano parigino "Le Figaro", ottiene la pubblicazione, sulla prima pagina di quel giornale, di un suo testo intitolato "Le Futurisme". É il manifesto di fondazione del Futurismo e suscita scalpore in mezzo mondo. Questi gli undici punti dei quali è costituito:

«1. Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.

2. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.

3. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.

4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa, col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo... un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.

5. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.

6. Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.

7. Non v'è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per indurle a prostrarsi davanti all'uomo.

8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente.

9. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.

10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie di ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria.

11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa; canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l'orizzonte, le locomotive dall'ampio petto che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta».

Al manifesto pubblicato su "Le Figaro" fa seguito il Manifesto della Pittura Futurista, firmato da Boccioni, Carrà, Russolo, Severini e Balla. E negli anni successivi, sino alla fine, è tutto un continuo esplodere di manifesti, rivolti dal poeta o dai suoi amici futuristi al rinnovamento di ogni campo: la Scultura, l'Architettura, il Teatro, la Musica, la Radio...

Il futurismo prende le mosse sullo sfondo dei profondi rivolgimenti economici, sociali, culturali, che segnano l'avvento della società di massa, in cui il ruolo dell'artista entra in crisi, perdendo l'aura di sacralità che l'aveva sempre caratterizzato. Formatosi nel clima fin de siècle, Filippo Tommaso Marinetti intuisce con grande anticipo rispetto agli intellettuali contemporanei che, se l'artista vuole sopravvivere nell'epoca della modernizzazione, deve accettarne la sfida fino a contaminarsi con la vita quotidiana, la massificazione, l'attualità. Ne nasce una visione dell'attività artistica non più di stampo individualista o d'élite, ma, al contrario, collocata sempre sulla lunghezza d'onda di una comunicazione estetica collettiva, in grado di incidere sull'esistenza di tutti. E’ questo il concetto dell’ «arte-vita», da cui deriva un progetto globale di rinnovamento al tempo stesso estetico, ideale, morale: dalle arti al costume, alla politica.

Assai prima di Marshall Mc Luhan, Marinetti sente che nell'era dell'industria, degli immensi agglomerati urbani, del telefono e della radio, dei trasporti e dei mezzi di comunicazione di massa, della terra "rimpicciolita dalla velocità", in cui la stessa psicologia umana viene profondamente modificata dalla rapidità della vita moderna, deve nascere una nuova cultura, che rifletta la mutazione antropologica generata dalle scoperte della scienza e della tecnica, non più legata al passato, in grado di produrre nuovi linguaggi in sintonia con la grande trasformazione epocale.

I criteri e le modalità della rivoluzione totale promossa dal futurismo si precisano tuttavia nel corso del tempo: il movimento, infatti, si configura in principio come gruppo di poeti e solo in seguito si allarga alle diverse arti e discipline, conquistando pittori, musicisti, architetti. Ma la globalità del progetto è esplicita sin dal manifesto pubblicato il 20 febbraio del 1909 su "Le Figaro" di Parigi, in cui Marinetti, adottando uno stile ancora tutto intriso di umori decadenti e simbolisti, annuncia al mondo la costituzione del movimento.

Avendo per numi tutelari Schopenhauer, Nietzsche, Bergson, Sorel, il pensiero marinettiano muove dal rifiuto delle idee positivistiche e dello scientismo deterministico, in linea con la più vivace cultura del tempo (tanto che l'ottavo articolo del manifesto è in perfetta sintonia con la teoria della relatività di Einstein). Dal punto di vista politico il poeta distribuisce lodi in modo equanime al patriottismo, al bellicismo, alla violenza, all'anarchismo libertario, alle rivoluzioni e alle lotte operaie, secondo una miscela ideologica eterogenea, non troppo distante da ciò che il sindacalismo rivoluzionario va predicando in quegli anni.

Elemento fondante della sua poetica è il mito della macchina, che esprime non solo un'adesione talvolta acritica alle mitologie della modernità, ma, attraverso l'identificazione dell'uomo col motore, svela il desiderio di realizzare il sogno dell'eterna giovinezza, superando la vecchiaia, il decadimento fisico e dunque la morte.

Il topos delle fabbriche, dei motori, dell'elettricità, delle macchine ha antecedenti nella poetica del paesaggio industriale e urbano espressa da Charles Baudelaire, Arthur Rimbaud, Emile Verhaeren, Walt Whitman, Emile Zola, Paul Adam, non a caso prediletti da Marinetti. In particolare il tema dell'automa è trattato in alcuni romanzi simbolisti e decadenti: A' rebours (1884) di Joris-Karl Huysmans, dove le locomotive sono descritte come corpi femminili, Eva futura (1886) di Villiers de I'Isle-Adam, Il supermaschio (1902) di Alfred Jarry. Stéphane Mallarmé si è occupato dell'automobile nello scritto Sul Bello e l'Utile (1897), sensibile alla nuova estetica funzionale, sulla scia di William Morris, il padre del disegno industriale, che aveva conferito dignità artistica alle arti applicate. In Italia, la bellezza della velocità è esaltata da Mario Morasso, nel cui saggio La nuova arma. La macchina (1905) per la prima volta è formulato il paragone tra l'automobile da corsa e la Vittoria di Samotracia, poi ripreso da Marinetti nel più celebre passo del suo manifesto.

Tuttavia questi precedenti nulla tolgono all'originalità del futurismo, che ha il merito di rielaborare tali spunti in un'ottica tutta propria, fortemente polemica, facendone gli strumenti teorici di un programma molto vasto. Già Rimbaud ha assegnato alla poesia il compito di "cambiare la vita". Lautréamont ha detto che "la poesia deve essere fatta da tutti, non da uno solo" e Richard Wagner ha creduto nell'opera di gruppo. Ma il futurismo punta ancora più in alto, facendo propria l'ipotesi di un'arte collettiva che trasformi l'esistenza e, aggiungendo l'idea dell'organizzazione, di fatto elabora il modello che sarà ripreso da tutte le avanguardie successive.