È cosa facile auto-etichettarsi con un appellattivo che ci associ ad una lotta politica, parte integrante della logica collettiva del “ben pensare” apparendo come martiri. Altrettanto facile cedere al vizio ed alla volontà di soddisfazione sensoriale, appagando tale pulsione vitale con un’alimentazione innaturale e poco etica. Come ci si può considerare anti-razzisti, contro ogni forma di schiavitù, se siamo poi noi stessi ad esercitare un sadico suprematismo nei confronti di forme di vita di specie diverse, ma dotate di consapevolezza anch’esse? Come potrebbe mai un individuo antagonista della discriminazione intra-specie, proiettarla all’esterno verso esseri innocenti?
Ma soprattutto com’è possibile indirizzare la propria compassione solo nei confronti dell’essere appartenente alla propria specie, manifestando crudeltà verso le altre forme di vita?
L’anti-razzismo e l’uguaglianza di diritti dovrebbe espandersi a tutta la complessità animale, eco-sistema compreso. Altrimenti rimane un ingannevole costrutto utile a massaggiare il proprio ego, un’ideologia parzialmente sviluppata e caduta successivamente nell’errore.